2008 OIV - Parigi

L'APEO ha partecipato all' OIV - Organisation Internationale de la Vigne et du Vin tenutosi l' 8 Marzo 2008 a Parigi, Francia.

Di seguito i principali punti trattati durante l'incontro:

AUMENTO DEI PREZZI

Con il recente allargamento dell’Unione Europea a 27 paesi si è manifestata più palesemente l’esigenza di migliorare ed ammodernare la rete logistica intracomunitaria.
La crescita del trasporto di merci da un lato contribuisce ed è direttamente collegata allo sviluppo economico di un territorio, sia esso una regione, uno Stato o un Continente; dall’altro ha pesanti ricadute sociali perché è fonte di inquinamento ambientale ed è la principale causa del traffico e degli incidenti stradali. La stessa Commissione Europea si è fatta carico di questa esigenza ed attraverso un documento ufficiale, ha individuato dei possibili settori di intervento su cui operare. Dalla eliminazione di ostacoli ad un migliore applicazione delle tecnologie, dall’adozione di una certificazione europea per gli specialisti della logistica ad uno sfruttamento più razionale delle infrastrutture; dalla semplificazione delle catene multimodali alla standardizzazione di norme di carico europee. Questi in sintesi i settori di intervento proposti dalla Commissione.

Naturalmente questo è solo uno dei punti su cui è necessario intervenire poiché a seguito dell’aumento del costo del petrolio i produttori di uva da tavola nazionali hanno visto lievitare non solo il costo del carburante per trasportare i prodotti ma hanno anche assistito ad un forte aumento dei costi di produzione, in particolare legato all’aumento del costo delle plastiche e reti di copertura dei vigneti, carburanti e lubrificanti per le macchine agricole, fertilizzanti, costi energetici per l’emungimento delle acque e l’esercizio della pratica irrigua. E’ cresciuto anche il costo del lavoro del personale impiegato e l’ammontare dei contributi previdenziali che è decisamente maggiore rispetto ad altri paesi europei ed assolutamente non comparabile con il costo del lavoro agricolo nei paesi extra europei. Negli ultimi anni la crescente attenzione sui temi della tracciabilità delle produzioni e della sicurezza alimentare dei prodotti ortofrutticoli ha costretto le imprese ad adeguarsi agli standard europei; di conseguenza sono stai implementati i protocolli di certificazione Eureap Gap, Global Gap, si è maggiormente diffusa l’assistenza tecnica nelle aziende con un netto miglioramento degli standard di qualità ed una crescente razionalizzazione dei processi produttivi anche attraverso la riduzione e l’uso “ragionato” di agrofarmaci con un miglior profilo ecobiotossicologico e residuale. Tutto ciò ha avuto delle ricadute estremamente positive, quindi grandi benefici per la collettività; ma i costi per l’implementazione delle certificazioni, l’assistenza tecnica, l’acquisto di agrofarmaci specialistici ad alto profilo tecnico sono stati sostenuti dalle aziende agricole che hanno visto ulteriormente appesantire i loro bilanci.
Tutto questo sta a significare che per l’azienda italiana di uva da tavola il costo medio di produzione per ettaro in un anno è cresciuto del 20-30% passando da 12-13.000 euro del 2003-2004 agli attuali 15-18.000 euro; come dire, considerando una produzione media di 30 tons, che il costo di produzione del kg di uva da tavola all’azienda era di 0,40-0,45 euro/kg nel 2003-2004; nel 2006-2007 è diventato di 0,50-0,60 euro/kg. Mentre i costi sono fortemente lievitati per le ragioni sopraesposte, i ricavi per i produttori sono rimasti nella migliore delle ipotesi costanti a causa della scarsa forza contrattuale della produzione che pur ammontando nello sola Puglia a 40.000 ha è fortemente “frammentata e polverizzata” rispetto alle GDO estere che rappresentano il canale di commercializzazione principale dell’uva da tavola italiana.
Quali possono essere su questo tema le linee guida d’intervento? E’ importante a questo proposito sottolineare il ruolo sociale che la viticoltura da tavola esercita nel nostro paese; si tratta di una coltura intensiva e specializzata con un altissimo fabbisogno di gg lavorative/ha/anno pari a circa 200 giornate, quindi un ettaro di vigneto di uva da tavola produce annualmente un reddito da lavoro di circa 9.000 euro + contributi. L’uva da tavola per essere coltivata ha bisogno di 8 milioni di giornate lavorative agricole in campo !!!! Produce quindi un reddito da lavoro di 360 milioni di euro + contributi. Il resto del valore della produzione è sempre ricchezza che si ridistribuisce ed alimenta le economie di chi, facendo parte della filiera, lavora a monte e a valle del produttore (trattori, macchine agricole, teli, pali, energia elettrica, carburanti, impianti d’irrigazione, concimi, agrofarmaci, trasporti, imballaggi, servizi bancari e assicurativi, servizi di vigilanza, intermediazioni, consulenze e retribuzione del lavoro impiegatizio, ecc….).
Il produttore di uva da tavola in Italia dal punto di vista dei costi è fortemente svantaggiato e subisce la concorrenza da parte di colleghi che operano in altri paesi europei ed extra europei dove la pressione fiscale e contributiva nonché il costo del lavoro e dei capitali fissi e circolanti è nettamente più basso. Per stimolare gli investimenti nel settore della produzione dell’uva da tavola bisogna intervenire concretamente al fine di abbassare il costo medio di produzione e rendere economicamente conveniente la coltura. Purtroppo non è possibile agire sui ricavi: quantità/qualità prodotta che è già ad un ottimo livello e prezzo di vendita difficilmente modificabile a causa dello scarso potere contrattuale del produttore e del commerciante rispetto alla gdo estera.

ESIGENZE DELLA GDO & RESIDUI DI AGROFARMACI

L’ OIV ( Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) è l’interlocutore di riferimento per il mondo dell’uva da tavola italiana pertanto è il soggetto politico-istituzionale naturalmente candidato a rappresentare i bisogni e le istanze dei produttori rispetto alle istituzioni europee competenti in materia di “residui di agrofarmaci sulle derrate alimentari” e rispetto alle più importanti catene della GDO.
I produttori ed i tecnici in questi ultimi anni stanno subendo le conseguenze del processo di revisione europea degli agrofarmaci che ha portato alla revoca e sospensione della commercializzazione e dell’impiego di numerosi formulati di largo uso in viticoltura. Tutto questo ha portato a un cambiamento importante del mix di prodotti per la difesa del vigneto; il processo di revisione è tutt’ora in corso e si attendono revoche e restrizioni su classi di composti che oggi rappresentano i pilastri della difesa fitosanitaria; quindi fortissimi cambiamenti con una notevole difficoltà da parte del produttore a seguirli. A questo si sono aggiunte le richieste di alcune importanti GDO europee di riduzione a 5 del n. max di residui ammessi sul prodotto uva da tavola e limiti restrittivi pari al 30-50% degli mrl fissati dal ministero della sanità. Sempre più spesso si parla anche di un limite max di 3 residui e di prodotto a residuo zero!!!! Queste richieste sono oltremodo pretestuose, assurde e mancanti di un fondamento scientifico; obbediscono solo a logiche di discriminazione commerciale tra le diverse gdo condizionando negativamente l’esportabilità delle nostre produzioni.
L’uva da tavola in Italia è sempre più una coltura protetta con plastica e reti e in queste condizioni nei nostri areali di coltivazione con un ciclo di coltivazione di 6-9 mesi è insediata da diverse avversità (oidio, peronospora, botrite, marciumi vari, escoriosi, acariosi, ragnetti, tignoletta, tripidi, cicaline, …….) per le quali è necessario impostare una strategia di difesa che prevede tra l’altro l’alternanza di molecole a diverso meccanismo d’azione per scongiurare il rischio di assuefazione del patogeno all’ utilizzo ripetuto di uno stesso agrofarmaco, secondo i dettami della buona pratica agricola. Considerando che si deve organizzare la difesa da 7-10 avversità alternando 2-3 prodotti per patogeno e considerando che alcuni agrofarmaci cosiddetti a 2-3 vie già contengono 2-3 molecole per affrontare un singolo problema tecnico diventa impossibile ottenere un uva con 3-5 residui al 30-50% degli mrl almeno secondo i dettami della buona pratica agricola raccomandati ed imposti dal disciplinare di lotta integrata regionale e nazionale per la coltura dell'uva da tavola.
Nel 2006 e 2007 è successo che alcuni commercianti hanno siglato degli accordi con le gdo accettando i loro protocolli molto restrittivi in materia di residui. Di conseguenza le aziende di produzione ed i loro tecnici hanno dovuto impostare i piani di produzione semplificando al massimo la difesa riducendo il numero di prodotti impiegati, scegliendo gli agrofarmaci con un miglior comportamento residuale e impostando per il controllo della singola avversità a volte la monosuccessione dello stesso formulato e della stessa molecola. L’andamento climatico del 2007 ha ridotto la virulenza di molti patogeni pertanto si è anche drasticamente ridotto in assoluto il n. di interventi e all’analisi residui spesso si è riusciti a stare nei limiti delle 5 molecole. Questo è stato fatto però contravvenendo ai dettami del disciplinare di lotta integrata regionale e nazionale, allo standard Eureap Gap e Global Gap adottato in molte aziende di produzione e alle limitazioni di impiego riportate in etichetta della maggior parte degli agrofarmaci che prevede un n. massimo di trattamenti ammessi ed eseguibili oltrechè l’alternanza di prodotti a diverso meccanismo d’azione. Ipotizzando un andamento climatico meno favorevole non sarebbe stato possibile ottenere un uva con soli 5 residui al 30-50% degli mrl. Se si dovesse continuare l’impostazione della difesa nei prossimi anni solo con poche molecole “che residuano poco” eseguendo tanti trattamenti con gli stessi prodotti rapidamente l’assuefazione dei patogeni porterà alla completa inefficacia delle poche molecole impiegabili. Ne deriva che in pochi anni l’uva da tavola in Italia non potrà più essere difesa solo con queste poche molecole non più efficaci; a questo punto dovremo rinunciare definitivamente alla coltura con tutte le conseguenze politiche, sociali ed economiche per l’intera nazione. E’ auspicabile che tale rischio venga assolutamente scongiurato ribadendo a tutti i livelli la centralità delle regole di buona pratica agricola raccomandate sia dal protocollo Eureap Gap che dal disciplinare di produzione nazionale dell’uva da tavola rispetto agli elevati rischi connessi alla implementazione dei protocolli della gdo peraltro, come più volte detto, mancanti di fondamento tecnico-scientifico e per ciò stesso impraticabili.

Ne deriva che gli strumenti tecnici di riferimento per ottimizzare il livello qualitativo e la sicurezza alimentare della produzione di uva da tavola italiana riducendo al minimo l’impatto tossicologico e ambientale del processo produttivo sono:

- il disciplinare nazionale di produzione integrata
-lo standard Eureap Gap e Global Gap.

Altro ostacolo alla libera circolazione dei prodotti ortofrutticoli in Europa è rappresentato dalla armonizzazione del residuo degli agrofarmaci, processo attualmente in corso; con l’armonizzazione l’ mrl di una sostanza attiva per l’uva da tavola sarà uguale in tutti i paesi d’Europa e lo scenario si semplificherà facilitando l’esportabilità delle nostre produzioni in Europa. Visto lo scenario l’OIV potrebbe aiutare il settore della produzione di uva da tavola italiana intervenendo:

- sulla GDO (evidenziare che le richieste in materia di residui devono essere eticamente e tecnicamente sostenibili ed implementabili negli areali di produzione, tutte le esigenze ambientali, tossicologiche e residuali vengono soddisfate rispettando il disciplinare di produzione integrata nazionale e lo standard Glogap Gap. L’introduzione di un n. max di residui per i motivi anzidetti è solo un fattore di disturbo delle regole di buona pratica agricola.
- sulla UE (accelerare il processo di armonizzazione dei residui di agrofarmaci).

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